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dall’altra parte del freddo
e costantemente da sola
_perchè anche la più palese delle verità mi distanzia
come un veleno che si fa prima dolce
e poi postumo di un abbordo al silenzio
allora cosa accade dall’altra parte
mentre tutto il niente mi risale dentro
e a malapena lo avverto
_abile nel trattenermi in bocca
la friabile amarezza
di un assolo di pianto dilaniato
che mai trova fine se non nell’ultima via
è sempre dall’altra parte del freddo
che io sopravvivo
_perchè faccio della mia insesistenza
l’insistenza dal giusto distacco
come l’azzardo del vuoto che mi avvolge da lontano
di Rosaria Iuliucci
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E su dai basta, dai
abbastanza dammi 40 rintocchi,
dammi la spina
e poi ti muoio, e poi ti stupisco
mi metterò le campane sul
concetto che non morirò
mai
io già morta, allora vedi
che non mi capisci
stavo sotto il porticato
a portare danze dai
retrogusti più inaspettati.
Gradisco il declino
inteso come forma di
conoscenza
non dovetti vederti
ma poi mi stamparono
l’ubiquità della bellezza e
fu caos
Di Alessandro Bertacco
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Attraccano ricordi nella dispersione dell’io
Intinto il volto
Nel vuoto della memoria
Emerge in sentimenti d’addio
Il calore del tuo sorriso.
Di Angelica D’Alessandri
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LE PAROLE TACIUTE di Izabella Teresa Kostka
I segreti feriscono come coltelli
– sanguinanti schegge della memoria,
letali sorrisi dipinti sui volti
oscurati dall’ombra della propria vergogna.
Putrefatti rifiuti della coscienza
soffocati di giorno dall’apparenze.
Le stigmate eterne dei sensi di colpa.
Poesia tratta da “Le schegge” 2017.
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Di spalle di Antonio Devicienti
Di spalle come la Venere di Velázquez
come i coniugi Arnolfini nello specchio alla parete
come Dublino quando ci si arriva in treno:
di spalle come i granelli di polvere o le
gocce di pioggia fermàti sulla pellicola
come la sgranatura dell’immagine dopo la stampa
come il necessario interrogarsi sulle verità del volto ch’è nascosto:
di spalle nello sgranarsi delle vertebre lungo la schiena
nell’andanza commossa della luce ch’è carezza –
di spalle come l’attesa, il velato, il taciuto.
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Siede intenta quieta
lo sguardo è sorgente
le vesti preziosi decori
d’interiorità nostalgia.
E’ sorella madre
o Persefone
la danza fra il buio e la luce
Il contorno netto delle piante
piedi nudi le sue nude foglie
humus
fra il passo e la sua radice.
E’ un canto vivido
non sa
se è lei a intonarlo
o il bosco che la canta.
Di Luisella Pisottu
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La danza di Guido Mura
E danzare e danzare
quasi perdendo coerenza
decorticando la fibra
scarnificando movenze
solo scintille di luce
che stellano la notte
ermetica incombente
includente astronave
notte notte che ingoia
il dolore e il rimpianto
lo spasimo e il supplizio
ora tutto precipita
il pensiero precipita
imbrattato dal tempo
ma residua nell’aria
il ricordo di un gesto
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POST MORTEM (vendetta) di Izabella Teresa Kostka
Verrò a te
coi seni tinti di sangue vermiglio
versato di notte su un bianco lenzuolo,
distesa accanto al tuo “corpo – sposo”
come una bambola smembrata da crudeli forbici.
Verrò a te
in ogni notte oscura
tagliando il buio con l’ultimo grido,
sarò una croce del tuo cammino,
l’asfissiante profumo del gelsomino.
Tornerò a te
e non conoscerai mai la pace eterna.
Poesia Tratta da “Le Schegge” 2017
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La Porta che dorme di Jonathan Varani
Bacio
il primo sguardo
del giorno
quando i muri sono gabbie
stese in petto
lascio
la battaglia dell’alba
spegnersi tra le spade
del sole
e attendo la cenere del corpo
il canto mesto delle lacrime
perché è assenza malata
la porta che dorme
e non conosce il verso
delle tue dita.
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La Parola si svela.
È ancora fresca la neve sull’erba
e che appaia disciolta
è artificio
ché i battiti sono chicchi di frumento
– che non si arda il campo! –
tra i perimetri delle mie storie
cronologie lente
dramma del tempo
dracma in contanti per ogni pena
Mi svelo.
Appena soffocata
concentrata sulla pazienza
convertita e fedele
sotto patina in difesa
di Mariella Buscemi
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